giovedì 24 giugno 2010

Va tutto bene. Frammenti di resistenza in un crepuscolo italiano

Pietro Orsatti

Non succede nulla, va tutto bene. I sindaci da tutta Italia e di ogni orientamento politico mimano di impiccarsi davanti al Senato protestando contro la manovra finanziaria. Una bazzecola, va tutto bene. A Pomigliano vince il referendum imposto dalla Fiat, e nessuno ne dubitava, ma il 36 per cento dei lavoratori dimostra di voler respingere lo scambio fra diritti fondamentali e lavoro. Si annuncia una stagione pesantissima sul piano della contrattazione e non solo in Campania. Ma anche qui, va tutto bene. La ministra dell’ambiente apre all’opposizione sulla questione nucleare alla vigilia di una possibile sonora scomunica da parte della Corte costituzionale e anche qui, diciamocelo, va tutto bene. Silvio Berlusconi ha deciso che la questione intercettazioni va portata avanti nonostante tutto, nonostante i dubbi di Napolitano, il dissidio di Fini, la protesta di magistratura e forze dell’ordine, la rivolta di gran parte dei mezzi di informazione (anche di alcuni suoi) e di milioni di cittadini che non capiscono. Senza parlare poi delle censure sia degli Usa che dell’Ocse. E anche in questo non è successo nulla, va tutto bene. I giovani dirigenti del Pd invece che parlare di problemi concreti (anche interni al partito) rimboccarsi le maniche e mobilitarsi per affrontare la deriva imposta dal navigatore di Arcore al Paese si dilettano in un esaltante dibattito sull’abbandono della formula “compagne e compagni” utilizzata dal segretario Bersani. Anche in questo caso, davanti alla follia, va tutto bene. In Europa compaiono le mozzarelle blu. Sgocciolanti formaggi freschi di colore turchino frutto dell’arte casearia tedesca a quanto sembra legata più alla chimica che al latte e nessuno si scandalizza più di tanto. Va bene anche questo. Il Sindaco de L’Aquila ha paragonato la sua città alla Pompei dell’eruzione di epoca romana. Fra uno spot e l’altro e il silenzio della televisione ci sta pure questo e va bene così. Il Pdl ha deciso di accelerare anche sulla riforma dell’Università e la Gelmini gongola perché finalmente le nuove leve di laureati saranno allineate al suo livello culturale. E va benissimo, non vedete? Mentre viene smantellata dalla Corte dei conti l’ubriacatura collettiva del Bertolaso Style, spuntano altre conversazioni fra Lunardi e Balducci nell’ambito dell’inchiesta G8. Eh si, va bene così. Come va bene che nessuno abbia parlato della condanna all’ex capo della Polizia De Gennaro sempre in relazione a un’altra inchiesta sul G8, quella partita dagli scontri in piazza e dalla “macelleria messicana” a Bolzaneto e alla Diaz.

Un’Italia crepuscolare, incupita, divisa, violenta, si appresta a vivere un’estate che non ha niente di gioioso. Non riposo, non relax dopo un anno di lavoro. Sono in troppi quelli che quest’anno il lavoro lo hanno perso. Sono un esercito quelli che un lavoro neanche lo cercano più. Settimana dopo settimana uno stillicidio di diritti negati, di bisogni ignorati, di sogni infranti, di soprusi con tanto del timbro di novella legalità. Settimana dopo settimana un piccolo pezzo della nostra Storia e della nostra identità viene cancellato. Nel silenzio più assoluto. In un silenzio assordante.

Diventa sempre più difficile trovare un frammento di positività in questo flusso incessante di notizie martellanti. Poi ti ritrovi, stupito, a sentire una discussione in autobus. Due persone anziane. Un uomo e una donna. Lei con la spesa, lui con una cartellina di documenti della pensione. Parlano. Di politica. Coinvolgendo anche gli altri passeggeri. Sono informati, raccontano le cose come stanno. Raccontano dei loro problemi, dei loro bisogni negati. E non cercano aiuto. Raccontano e discutono. Chiamano “fascista” questo, e “bandito” quell’altro. A volte confondono un nome con un altro, un ministro con un portavoce. Ma non importa. Discutono, come da anni non sentivo fare. Alla fine una ragazza, età da liceo ma non da esame di maturità, entra nella discussione e comincia a chiedere. Chiede di come era prima. La donna la guarda, sorride: «smetti di guardare la tv e leggi un giornale, ogni giorno. Leggi le parole. Leggi il senso che hanno le parole. E lo saprai com’era prima». Ora la riconosco la signora anziana che discute appassionata con una ragazzina. La mia professoressa di italiano alle medie. La saluto con un gesto della testa. Lei mi riconosce nonostante i miei capelli bianchi, le mie rughe, le mie cicatrici. Grazie. E vado a casa a scrivere.

fonte: www.orsatti.info

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