giovedì 16 dicembre 2010

Vivere a impatto zero


Intervista a Colin Beavan, autore del bestseller «No Impact Man»1, che con la sua famiglia ha vissuto per un anno a impatto zero a Manhattan.
Un uomo in crisi con il mondo che lo circonda, preoccupato per il riscaldamento globale, i disastri ambientali in genere e lo sfruttamento delle risorse, ma anche per la profonda infelicità e insoddisfazione che attanaglia la moderna società occidentale, decide di rivoluzionare la propria vita e quella della sua famiglia. Negli Stati Uniti è diventato una celebrità e il suo messaggio è un’esortazione all’azione: «poiché siamo parte del problema, siamo anche parte della soluzione».
E chi era Colin Beavan prima di diventare No Impact Man?Un autore di libri di storia. Anche prima volevo «salvare» il mondo, ma non facevo nulla per salvarlo.

C’è stato un punto di svolta nella tua vita?Da ventenne ho lavorato per associazioni non-profit. A 30 anni ho iniziato a 
scrivere, ma non riuscivo a liberarmi del pensiero che non fosse di alcuna utilità nella risoluzione dei problemi del mondo. Nel 2006 non ce l’ho fatta più. Il riscaldamento globale era in costante aumento e gli Stati Uniti erano in Guerra con l’Iraq per accaparrarsi il petrolio. Uccidere e morire per difendere uno stile di vita insostenibile da un punto di vista ambientale e che per di più non ci rendeva neppure felici era troppo per me. Ho capito che dovevo trovare un modo per fare qualcosa e coinvolgere altra gente. La crisi è stata anche professionale. Volevo che il mio lavoro di scrittore servisse a creare consapevolezza ambientale. Quindi dissi al mio agente che avrei scritto un libro sui problemi ambientali e sul riscaldamento globale. Lui mi disse che non avevo alcuna qualifica per farlo. Chi lo avrebbe letto? Allora ho pensato di diventare No Impact Man per un anno e poi raccontare la mia esperienza in un libro.
Quando hai iniziato avevi pianificato tutto nei dettagli?Non esattamente. Ho pensato che fosse più interessante scoprire poco alla volta come ridurre al massimo il nostro impatto sul Pianeta. Non volevo essere un esperto, volevo essere una persona qualunque che con il cuore fa del suo meglio per raggiungere l’obiettivo. Anche perché era importante che chiunque potesse identificarsi con me e con ciò che ho fatto. Per quanto riguarda mia moglie, l’entusiasmo dell’inizio non le ha permesso di vedere che la nostra vita sarebbe stata stravolta completamente dall’esperimento. La difficoltà è stata principalmente nel cambiare le vecchie abitudini e crearsene di nuove. Ma quando mangiare in maniera più sana ti fa stare meglio e ti ammali di meno, quando fai più esercizio fisico e ti senti più in forma, quando hai più tempo per te stesso, per i tuoi cari e per i tuoi amici, il tutto vivendo in maniera più sostenibile per il Pianeta, beh, qualcosa scatta nella tua testa. In positivo. E amici e familiari ci hanno incoraggiato....

La versione integrale dell'intervista è disponibile nel numero di Dicembre 2010 di Terra Nuova.

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